Islam e Yoga: un breve studio comparato sulla congruenza tra due tradizioni
Noi
sempre troviamo alcune forme di Yoga tutte le volte che lo scopo è
l’esperienza del sacro o il conseguimento perfetto della padronanza di noi
stessi, il quale rappresenta il primo passo verso il dominio magico del mondo.
“È
significativo che la più nobile delle esperienze mistiche, così come i
desideri magici più audaci, sono realizzati mediante tecniche yogiche, o, più
precisamente, lo yoga può adattarsi ugualmente bene ad un altro percorso.”
Mircea
Eliade, Yoga:Immortalità e libertà
Anni
fa quando ero giovane iniziai la pratica dell’Hatha yoga. Anche se passarono
diversi anni senza che lo praticassi, la pratica respiratoria dello yoga fu una
costante sempre presente nella mia vita. Ugualmente nella mia vita islamica
pregai cinque volte al giorno. Un paio di anni fa ritornai allo yoga durante
l’esercizio regolare dei doveri islamici. Che cosa riferiscono questi due
percorsi? Quali sono le loro interazioni?
Quando
ritornai alla pratica dello yoga, trovai che esso è facilmente integrabile
nella vita islamica; infatti, uno sostiene l’altro.
Non
c’è alcun conflitto, anzi Islam e Yoga insieme sono mutuamente e
beneficamente sinergici. Entrambi concordano che, mentre il corpo è importante
come veicolo sulla via della realizzazione spirituale e della salvezza,
l’identità primaria dell’essere umano non è col corpo ma con lo spirito
eterno.
Non
è un caso di sincretismo tra due religioni (le quali sarebbero spiritualmente
nulle). Lo Yoga non è una religione. Piuttosto, è un complesso di tecniche e
abilità atte a migliorare la pratica di qualsiasi religione. Un autore francese
di nome Jean Déchanet scoprì ciò dal punto di vista cattolico e scrisse il
seguente libro: “Yoga cristiano, New York, Harper, 1960”. Nel mio caso,
trovai che lo yoga islamico è una realtà. È possibile impiegare le capacità
dello yoga per adorare Allah meglio e per essere un musulmano migliore.
Lo
Yoga trova la sua matrice nel mondo Indù, anche se secondo Mircea Eliade le sue
origini sarebbero antecedenti e possono essere rintracciate nello sciamanismo
preistorico. Similmente ad altri regali donati dall’India alla civiltà
mondiale, come ad esempio il sistema di notazione numerica dal quale derivano
tutti i procedimenti matematici, lo yoga non è strettamente legato alla
religione Indù , ma è di applicabilità universale. Esso aiuta a seguire
meglio la propria religione qualunque essa sia. Esso ha alcune specifiche
affinità con l’Islam le quali possono essere un interessante soggetto di
studio.
Giacché
la metafisica dell’Advaita Vedanta è in accordo col tawhîd (dottrina
dell’unità divina) dell’Islam, esiste una perfetta compatibilità tra
l’Islam e lo Yoga al più alto livello. Tutte le tradizioni esoteriche
concordano che ogni manifestazione ha la sua origine nel Superno. Le
manifestazioni sul piano materiale sono derivate dal regno ideale degli
archetipi (conosciuto come al-a’yân al-thâbitah nella metafisica di Ibn
al-‘Arabî). Questo mondo, limitato come esso è, è proprio una espressione
della Realtà ultima, e sarà riassorbito alla fine nella sua Superna Origine.
L’Advaita Vedenta e la metafisica esoterica islamica sostengono che Dio è il
solo assolutamente reale, eterna Realtà; ogni altra cosa è contingente e perciò
transitoria. Il concetto della realtà unitaria secondo l’Advaita Vedanta
coincide molto bene col tawhîd (unità divina) dell’Islam, e coll’unicità
dell’Essere della dottrina Sufi di Ibn al-‘Arabî.
È
interessante comparare il simbolismo del Profeta Muhammad durante l’ascensione
notturna ai cieli, al-Mi’râj, col corrispondente simbolismo yogico. Il
Profeta ascese cavalcando al-Burâq, una bestia con la testa da donna, attraversò
i sette cieli raggiungendo il Trono di Dio. Nello Yoga, la kundalini è il
potere femminile (shakti) che dimora alla base della spina dorsale e ascende
attraverso sette livelli (rappresentati dai sette cakra) fino alla cima della
liberazione (brahmarandhra).
Una
delle più ovvie corrispondenze tra Islam e hatha yoga è la rassomiglianza
della preghiera (salât) agli esercizi fisici dello yoga (âsana).
Un
autore musulmano indiano, Ashraf F. Nizami, riportò ciò nel libro: Namaz, The
Yoga of Islam, Bombay: D.B. Taraporevala, 1977. La radice della parola salât
significa “curvare la schiena più in basso”, come nell’hatha yoga; i
persiani tradussero questo concetto col termine namâz, dalla radice verbale
“inchinarsi, inginocchiarsi”, il quale è etimologicamente relazionato alla
parola sanscrita “namaste”. Le migliaia di posture e variazioni conosciute
dall’hatha yoga possono essere classificate in poche posizioni di base:
posizioni erette, allungamenti della colonna vertebrale, posizioni capovolte,
posizioni sedute e torsioni vertebrali. La genialità della preghiera islamica
è di incorporare tutte quelle posture in una compatta forma rudimentale, ma
fluente sequenza, assicurando un complesso corso di esercizi per la buona salute
che è facilmente eseguibile da ciascuno.
a)
Posizione eretta. La posizione della Montagna (Tâdâsana) è la
principale posizione in piedi. Si inizia sempre da questa e si ritorna ad essa
dopo una sequenza di posizioni erette. In questo è intravedibile non solamente
la posizione eretta della salât, detta qiyâm, ma anche il “Ritorno alla
Montagna” del T’ai Chi Ch’uan. La posizione della Montagna o qiyâm è un
tranquillo esercizio per l’intero corpo: piedi, gambe, e colonna vertebrale
lavorano insieme. Con i piedi fissati direttamente alla Terra e la testa tesa al
Cielo, questa posizione ha un significato metafisico eccellente per la sacralità
dello stato umano, e per la sua verticalità è l’essenza della religione.
b)
Allungamento spinale. Come dicono gli yogi, la giovinezza si misura dalla
colonna vertebrale di ciascuno. L’Hatha yoga concentra molta e profonda
attenzione sull’allungamento della spina dorsale, portando la testa in avanti
rispetto alle ginocchia. Dal momento che tutti i nervi del corpo sono incanalati
dal midollo spinale alle vertebre, una spina vertebrale sana è di vitale
importanza per il benessere dell’intero corpo umano e della mente. Occorre
molta pazienza, una persistente pratica per ottenere una spina idealmente
flessibile, e solo i più dedicati yogi vi riescono. Poiché l’Islam è un
sentiero per tutti, l’allungamento della colonna vertebrale è alla portata di
tutti i musulmani: la genuflessione denominata rukû richiede solamente di
curvarsi sufficientemente in avanti mettendo le mani sulle ginocchia. Nondimeno,
anche questo minimo stiramento aiuta la spina dorsale a rimanere in buone
condizioni. Quando ritornai allo yoga dopo aver praticato per molti anni la salât,
sperimentai che fare diciassette volte al giorno il rukû aveva
meravigliosamente preparato la mia colonna vertebrale a stiramenti più
profondi.
c)
Posizioni capovolte. Il cuore migliora la circolazione del sangue
attraverso le vene e le arterie. Queste posture rafforzano la circolazione
ottenendo la massima efficienza. In particolare, le posizioni capovolte portando
sangue al cervello attraverso l’arteria della carotide, trasferiscono una
maggiore quantità di sangue dai piedi al cuore grazie alla forza di gravità.
Le due principali e benefiche âsanas sono quella sulle spalle, detta “Sarvangâsana”,
e quella sulla testa, detta “Sirshâsana”. La preghiera islamica ha attinto
l’aspetto più essenziale di queste posizioni capovolte: l’abbassamento
della testa sul cuore. La posizione denominata sujûd è facile da compiere per
chiunque ed aiuta ad ossigenare il sangue del cervello mantenendolo sano e
vigile. Ashraf F. Nizami scrisse: “Il sujûd può essere definito una mezza
SIRSHASANA? Esso aiuta il sangue a pompare pienamente fino al cervello e nella
metà superiore del corpo inclusi gli occhi, le orecchie, il naso e i
polmoni.”
d)
Posture sedute. La parola âsana significa “posto” e le posture
principali della meditazione sono sedute, come il Loto. La posizione del
diamante (vajrâsana) è praticamente identica alla posizione seduta della salât
denominata “jalsah”. Naturalmente, questo non è sfuggito agli yogi e ai
musulmani indiani. Nizami scrisse: “Questa è una postura robusta o è la
VAJRASANA.” Swami Sivananda nel suo libro, Yoga Asanas scrisse: “Questa
Asana rassomiglia più o meno al Namaz dei musulmani in preghiera.” Inoltre,
entrambe Vajrâsana e jalsah sono identiche allo posizione zazen giapponese.
Avendo praticato un po’ di yoga in gioventù, mi era facile sedere sul
pavimento delle moschee stirandomi per lungo tempo. Col passare degli anni, mi
fu più facile da seduto apprendere altre posture yoga, come il Loto, poiché le
mie gambe e le giunture delle mie anche si abituarono al pavimento.
Nello
yoga quando si sta nel Loto, un mudra (gesto delle mani) formato dal dito indice
e dal pollice a cerchio accompagna la meditazione. Nell’Islam esiste un mudra
mentre si è seduti nella posizione jalsah, esso consiste di estendere il dito
indice in linea retta (attestando l’unicità di Dio) mentre il pollice e il
dito medio formano un cerchio. La figura 1 e la figura 0 possono ricondurci al
simbolismo Tantrico, e fatto curioso è riscontrabile una similitudine col
codice binario 1 e 0 adottato dai computer.
e)
La torsione spinale. Una sessione di yoga pratico normalmente si conclude
prima del rilassamento con una accurata torsione dell’intera spina dorsale (ardha
matsyendrâsana) a destra e a sinistra. Essa aiuta ad appianare e a livellare la
colonna vertebrale dalle altre posture fatte bilanciandole. Allo stesso modo, la
salât conclude la preghiera colla recita del salâm mentre ruota la testa a
destra e a sinistra. Questo movimento è solamente cervicale e coinvolge forse
un po’ le vertebre toraciche, ma è utile per un collo flessibile e
corrisponde ad una ridotta versione delle posture dello yoga.
Nello
yoga la scienza e l’arte del respiro è sovrana. Il rilassamento e
l’esercizio di tutte le membra del corpo, la calma e la concentrazione della
mente, la stimolazione dell’intero essere e l’accesso alla dimensione
spirituale dipendono totalmente dal respiro. Nella maggior parte delle lingue
del mondo, i termini “respiro” e “spirito” hanno lo stesso significato
prima di qualsiasi descrizione. Il termine arabo di ‘spirito’ è rûh, il
quale proviene da una radice con parecchi significati interconnessi: ‘rilassare’,
‘respirare’, e ‘avviare muovendosi, partire muovendosi’. Il significato
pieno di tutta questa serie di traduzioni, messa insieme, costituisce
l’insieme delle funzioni respiratorie dello Yoga. La parola sanscrita
equivalente di rûh è âtman, la quale deriva dalla radice Indo-Europea
‘respiro, soffio’ (nel linguaggio del tedesco settentrionale Atem significa
‘respiro’). L’importanza spirituale del respiro è parte
dell’insegnamento islamico. Hazrat Inayat Khan scrisse riguardo alla
purificazione islamica: “La salute dell’uomo e l’ispirazione dipendono
entrambi dalla purezza del respiro, la cui preservazione delle narici e di tutti
i canali respiratori deve essere tenuta in debita considerazione. Questo risulta
chiaro dall’appropriato respiro e dalle corrette abluzioni. Se si puliscono le
narici due o più volte non è ancora molto, ad un musulmano gli è insegnato di
fare le abluzioni cinque volte al giorno prima di ogni preghiera.” Hakim G. M.
Chishti scrisse nel Libro della guarigione sufi: “Vita, dall’inizio alla
fine, è una continua scena di pratiche respiratorie. Il Santo Corano, in
aggiunta a tutto ciò che può essere, è anche un esercizio di pratiche
respiratorie. All’interno delle prime sette righe sono racchiusi praticamente
tutti i suoni che si pronunciano nella lingua araba. Ciascuna lettera fa partire
uno schema vibratorio che percorre una direzione specifica. Le vibrazioni delle
tre vocali lunghe hanno effetti diversi. La vocale A viaggia verso il basso e
stimola il cuore. La vocale I viaggia verso l’alto e stimola la ghiandola
pineale. Il suono lungo U interagisce con l’idhn di Allah e si unisce col
nostro respiro inalato e esalato.”
Nella
23 parte di “Yoga Sutra” di Patañjali si insegna che il conseguimento della
massima realizzazione spirituale avviene mediante la devozione a Dio (îsvara
pranidhana). Il sutra è veramente conciso, è un compendio letterario, cosicché
una semplice breve menzione è sufficiente. Dato che Patañjali non sviluppa
ulteriormente questo soggetto, alcuni commentatori hanno supposto che il suo Dio
sia un prestanome o un’astrazione, per cui l’adorazione non divenne una
pratica importante dello yoga. Poiché nessuna considerazione personale può
aggiungersi alla verità; la caratteristica distintiva della metafisica dello
Yoga darsana dallo Sankhya darsana di Kapila (un’analisi non-teista degli
elementi del cosmo e della coscienza) è la presenza di Dio nello Yoga. Ciò fa
la differenza e armonizza lo Yoga con la religione. Patañjali saggiamente
scelse di nominare Dio come îsvara, che in Sanscrito significa “Dio, il
Supremo Essere”, in quanto non designa divinità a nessuna religione. Questa
universalità libera lo Yoga dal conflitto con qualsiasi dottrina religiosa, e
il credente di qualsiasi fede può applicare le sue tecniche. In India, lo Yoga
è stato applicato da una varietà di religioni, in quanto esso lavora per il
bene di ognuna compreso l’Islam. Non c’è niente di specificatamente Indù o
islamico nelle sue tecniche, ma esso aiuta il devoto in qualsiasi forma di
adorazione. Yoga significa concentrare e nondimeno la mente; quando questa
concentrazione è diretta a Dio, lo yogi è giunto al cuore della sua religione.
Allo stesso modo della meditazione, il trâtaka è una tecnica yogica di
focalizzazione dell’attenzione per il raggiungimento dell’Assoluta visione.
Esso consiste nel fissare con sguardo fisso un punto fisso (esso aiuta ad
equilibrarsi altresì). Durante la posizione eretta della preghiera Islamica,
possiamo praticare il Trataka fissando il punto fisso sul terreno sul quale
appoggiamo la fronte per il sujûd. Durante il rukû, il trâtaka è diretto ad
un punto tra le dita grandi del piede. Il proponimento è di focalizzare
l’attenzione sulla preghiera evitando di divagare. Questa strada aiuta a
condurci ad uno stato meditativo. Una parte importante della pratica spirituale
Sufi è l’invocazione del Nome Divino “Allâh” e la sua meditazione. Una
volta appresi tramite lo yoga come calmare la mente e focalizzare l’attenzione
e scoprii che questa stessa tecnica aguzzò e chiarì molto la mia meditazione
sul Nome Divino. Questa esperienza fu simile ad una persona miope la quale
indossando gli occhiali vede di colpo chiaramente. Alcuni ordini Sufi praticano
la meditazione e l’invocazione focalizzandosi all’interno di certi centri (latâ’if)
del corpo sottile; questa tecnica è uguale alla meditazione dello yoga sui
cakra.
Inutile
dire che l’Islam e lo yoga richiedono un fondamento fisico, una morale pulizia
e purezza (tahârah, sauca) prima dell’esecuzione delle loro rispettive
pratiche. I due differiscono in parecchi aspetti, ma la caratteristica comune di
entrambi è l’uso dell’acqua per sciacquare le narici: il kriya yoga
(pratica di pulizia) chiamata “jala neti” consiste di versare l’acqua
attraverso una narice in modo che scorra attraverso le cavità fino alla sua
fuoriuscita dall’altra narice. La pratica islamica del wudû che introduce
l’acqua nel naso e la espelle; è detta “istinshâ”. Di contro, la
versione islamica non approfondisce, in quanto è resa accessibile a chiunque.
I
principi Ayurvedici della dieta yogica e gli hadith del Profeta Muhammad (la
pace sia su du Lui) concordano che il latte e il ghi sono salutari, e che il
manzo è dannoso per la salute. Similmente, entrambi scoraggiano di cibarsi di
aglio e cipolla. Zenzero (in arabo zanjabîl, in sanscrito srngivera, in
Proto-Dravidico ciñci vêr) è menzionato nel Corano (76:17) come una spezia
del Paradiso. L’Ayurveda considera lo zenzero sâttviko, una qualità utile
alla vita spirituale. Entrambi, Ayurveda e Corano, citano le qualità spirituali
del basilico, il sacro basilico (Ocimum sanctum) chiamato tulasi in Sanscrito e
il dolce basilico (Ocimum basilicum) chiamato rayhân nel Corano (mentre gli
italiani lo considerano solo per le sue qualità culinarie!). Tulasi basilico è
usato per elevare, chiarire e corroborante della mente, assistendo la coscienza
a focalizzarsi sui pensieri spirituali; rayhân è menzionato nel Corano (55:12)
come pianta del Paradiso, e il Profeta raccomandò ai suoi Compagni come
rinfrescante l’aromaterapia. La parola araba rayhân deriva dalla stessa
radice rûh “spirito”.
Interazione
storica.
Nella
storia i musulmani prendevano consapevolmente in prestito dallo yoga e ne
ammettevano la fonte. Lo studioso viaggiatore Abu Rayhan al-Biruni (11 mo
secolo) tradusse lo Yoga Sutra di Patanjali in arabo. Shah Muhammad Ghaus of
Gwalior (16 mo secolo), un leader dell’ordine sufico Shattârîyah, incorporò
pratiche yoga nel suo insegnamento basate sul testo yogico Amritakunda. Lo Yoga
raggiunse anche il lontano Nord Africa, dove al-Sanusi (19 mo secolo) scrisse
sullo yoga âsanas (jalsah); assegnò allo yoga il termine arabo di “al-Jûjîyah”.
Comunque, le congruenze tra Yoga e Islam che ho notato sopra non sono prestiti
storici, ma derivano dal primordiale principio delle tradizioni.
Una
vasta organizzazione internazionale di yoga, 3HO, ha adottato il sujûd dalla
preghiera islamica chiamandolo il “Facile Yoga.”
Conclusione:
Può
essere legittimo e benefico per i musulmani imparare lo yoga, non come propria
via spirituale per se, ma come una preziosa aggiunta al cammino spirituale
dell’Islam. L’Islam è un completo, integrale percorso spirituale, perciò
lo yoga non sostituisce nessuna esigenza Islamica. Il Profeta disse che la
saggezza è il cammello disperso del credente: dovunque la trova la riconoscerà
(e ne rivendicherà diritto). Come si potrebbero spiegare le numerose
corrispondenze tra yoga e Islam? Questi antichi insegnamenti viaggiano
dall’India all’Arabia? No — non c’è bisogno di ritenere un simile
trasferimento orizzontale; le sacre verità sono rivelate verticalmente dai
Cieli a tutti i popoli. Ci sono forti somiglianze tra Islam e yoga non perché
prese a prestito o perché propagandate, ma perché entrambe traggono origine
dalla Tradizione Primordiale, sanâtana dharma, al-dîn al-hanîf, a cui tutti i
Profeti di Allah hanno attinto riaffermandola in tutte le ere, tra le nazioni,
rivelata direttamente dal Creatore.
a
cura di Penkatali
(traduzione
dall’inglese)